La disaffezione

Ecco il rischio autoritario

Sono stati 16.518 i cittadini, sugli oltre 41 milioni, che hanno presentato la dichiarazione al Fisco sbarrando la casella per il 2 per mille ai partiti. Il tutto ha assicurato agli undici partiti e movimenti in corsa (non è presente il M5S che dichiara di non volere nessun tipo di contributi, né il Pri che fino al prossimo anno non potrà partecipare per ragioni temporali che magari è meglio omettere) un finanziamento di poco superiore ai 325mila euro. Cifra che amministrazioni di partiti abituate a gestire fino a ieri milioni di euro troveranno ridicole e comunque inadatte alle loro bisogna. Il problema è serio non solo per la casse che sono vuote, ma per l’affezione dei cittadini ai partiti che è ridotta ai minimi termini. Già c’era un problema regresso di partecipazione al voto, ora se ne aggiunge un altro, non meno serio, di finanziamenti. State attenti, perché qua finisce che farà politica solo chi ha soldi da mettere nel piatto. Gli altri si ritirano o se ne vanno, in una selezione naturale della specie. Il Paese non avrà nemmeno bisogno di una svolta autoritaria, questa si imporrà da sola, nel senso che una parte della popolazione si è disimpegnata gioco forza e chi è invece in grado di reggere il livello della competizione, farà filotto. La democrazia finisce così senza bisogno dei colonnelli o della soluzione cesarista, per abbandono. Noi abbiamo cercato in questo contesto di tenere in vita un vecchio partito con le sue tradizioni culturali e politiche perché convinti della necessità di un ideale repubblicano e democratico da offrire ad una popolazione senza punti di riferimento validi. È vero, ci siamo preoccupati molto poco dell’omogeneità con i nostri alleati per la semplice ragione che gli alleati storici del Pri, semplicemente, non esistevano più e di conseguenza occorresse cercare un nuovo inizio. Le strade battute non sono state particolarmente fortunate, tanto che ci siamo trovati a intraprendere una specie di marcia nel deserto. Se qualcuno ci dicesse quale sarebbe l’oasi su cui buttarsi, ne saremmo felici, anche perché vi confessiamo, siamo esausti. Non della marcia, non degli errori, ne abbiamo sempre commessi dai tempi di Mazzini, e nemmeno delle difficoltà. Siamo esausti di coloro che dicendosi repubblicani criticano senza offrire un’alternativa e persino, lo abbiamo visto al congresso, senza ritenere di doversi confrontare direttamente. Vogliono fare un partito repubblicano localistico? Buona fortuna, ma perché allora tanto impegno sprecato per l’Unità d’Italia? Mica ce n’era bisogno, bastava raggiungere l’unità della Romagna, che pure è un impegno pesante. Cerchiamo di rifletterci fin che siamo in tempo, perché anche questo, il tempo, finirà con il mancare.

Roma, 7 aprile 2015